Arance (non) razziste
A Rosarno, sta accadendendo di tutto. In Calabria succedono cose gravi. In Italia, in questi anni, succede veramente di tutto. Crisi, criminalità, immigrazione, razzismo, sfruttamento, economia: e tutto pare confondersi negli scontri di questi giorni.
Una città che prima sfrutta i lavoratori stranieri e poi gli spara. Una grande distribuzione che prima compra a basso costo e poi, in tempi di crisi, dimentica l’agricoltura. Una regione prima butta soldi pubblici e poi è strozzata dalla criminalità organizzata. Una politica che prima usa l’immigrazione e poi vuole cacciarla via. Un’informazione che quando non capisce farnetica.
Neanche io ci capisco molto, lo ammetto. Soprattutto non capisco un dibattito pubblico e politico che cerca responsabili e nemici, che si divide se dar ragione a questi o a quelli, se espellere qualcuno o cambiare leggi. Tutto si concentra su quello che doveva fare lo Stato o quello che dovevano fare i calabresi (nativi o immigrati). Mai nessuno si chiede cosa possiamo fare noi, dove abbiamo sbagliato, come rimediare.
Sarò un po’ naif. Sarò un ingenuo, ma mi pare che noi con i gruppi d’acquisto solidale, nel nostro piccolo, qualcosa lo stiamo facendo e lo abbiamo fatto.
Abbiamo smesso di acquistare da una grande distribuzione che compra a 23 centesimi e vende a tre euro al chilo le arance. Arance che poi sono raccolte da lavoratori in nero (e adesso sappiamo quasi sempre neri anche loro) a 25 euro al giorno. Abbiamo (noi rete gas lazio) cominciato a comprare direttamente da produttori calabresi che hanno tagliato qualsiasi legame con mafie e ‘ndranghete, che garantiscono la cura del territorio, che garantiscono condizioni decenti per chi lavora la terra, che sosteniamo anche quando c’è la crisi.
Forse non sarà abbastanza. Forse non saremo direttori da 15mila euro al mese che dicono di stare dalla parte della gente comune (italiana), “stronza” perché “giustamente” scocciata dai negri clandestini (leggi Giordano oggi su libero) o perché sparano ai negri sbagliati (leggi Feltri su il giornale). Ma neanche intellettuali che stanno dalla parte di Ballotelli o degli “ultimi” con belle idee e citazioni, ma che non offrono mai soluzioni, che parlano male dei governi ma mai della Coop (leggi la Palombelli o Serra su Repubblica).
Noi parliamo poco, e quest’eccezione finirà presto, ma almeno proviamo a fare qualcosa. Forse se molti lettori di quei giornali, se molti scandalizzati non-sono-razzista-ma… o tutta-colpa-del-Cavaliere, facessero un GAS e comprassero (e facessero amicizia) con un produttore di arance calabrese le cose inizierebbero a cambiare davvero.
Forse.
@alfredo
Non scherziamo, ci si informa, ci si parla, ma visto che siamo malfidati stanno arrivando i certificati.
(anche senza chiederli) 😎
Pienamente d’accordo. Giorni fa, subito dopo Rosarno c’è stata una iniziativa a Casalotti per protestare contro l’identificazione e la cacciata dal mercato di alcuni ambulanti, su segnalazione pare del municipio. (http://www.sinistra18.net/sito2/index.php/municipio/100-arance-insanguinate-anche-a-casalotti) Ho pensato che l’iniziativa simbolica di protesta potesse diventare proposta unendosi ai principi e ai metodi dei GAS e permettendo anche di praticare questi metodi come iniziativa politica. Pensavo cioè di organizzare una grossa distribuzione di arance provenienti dal sud (quanti fornitori ci richiedono di acquistare i loro prodotti? molti sono anche provenienti da terre strappate alla mafia) magari vicino a un mercato popolare per segnalare il principio che le arance si possono pagare meno, ma vanno pagate il giusto. Si dovrebbero coinvolgere su questo oltre ai cittadini, anche i venditori, aiutandoli a mettersi in contatto diretto con i produttori e organizzarsi come facciamo noi per trasportare direttamente le arance (prodotto simbolo) al mercato. Magari facendo la cosa in un mercato con venditori già sensibili. Si potrebbe creare un marchio tipo “prodotto senza uso di manodopera sfruttata” e sensibilizzare la popolazione, quella che compra al mercato, a comprare solo arance così commercializzate. Sarebbe un fatto simbolico, perchè limitato ad un solo prodotto, ma proprio per questo capace di unire un movimento ad una iniziativa politica da parte di chiunque voglia farla, comitati, Sinistra e Libertà, gli scout, libera, Arci, ecc. non ho problemi su chi possa parteciparvi, e nello stesso tempo inserire un granello di sabbia nel meccanismo dello sfruttamento e del mercato. Che ne pensate?
Come facciamo a sapere che Iemma garantisca condizioni di lavoro dignitose (e soprattutto legali) ai suoi braccianti? Forse qualcuno di voi ha già queste informazioni e le può condividere? Altrimenti sarebbe il caso di chiederglielo il prossimo autunno.
sono anche io pienamente daccordo!
Salve, Non sapevo di questa RETE, ma vi assicuro che da oggi in poi navigherò in modo più mirato.
Siamo tra quelle aziende piccole, di modesta dimensione, costrette a far i conti con la MAFIA ed i CAPORALATI.
certo le notizie che arrivano dal “mercato agrumi” Calabrese più o meno sono queste, ma vi assicuro ché i commercianti tutti concordi su metodo di pagamento ai piccoli produttori sono anche molto più bassi tipo: 00,14 cent al kg se ti accontenti così seno non fa nulla, e poi il pagamento a fine campagna se va nel verso giusto e sé l’assegno alla fine è coperto, se stato tra i più fortunati e cosi rimettendoci il resto puoi incominciare a prepararti per la prossima campagna.
questi sono i fatti che dovremmo raccontare ai nostri giovani per far sì che non abbandonino l’Agricoltura.
Bell’articolo…
anch’io penso si potrebbe inviare a qualche giornale, magari qualcuno lo pubblica pure.
E metto a disposizione pure il mio “indirizzario stampa”.
Daniel
@ silvia
Certo! Grazie, spero migliori con commenti e aggiunte…
“Sono come me, ma si sentono meglio…”
@Paola e Daniele.
Ringrazio molto per l’apprezzamento, purtroppo non ho neanche un momento per mandare ai giornali. Poi andrebbe trasformata in lettera…
😎
P.S. Ho un bell’indirizzario di e_mail di testate giornalistiche e tv e radio. Se vuoi te lo passo
Dr. Sankara, ma se il tuo articolo lo inviassi a qualcuno dei giornali citati (ma anche ad altri!) a firma oltre che tua anche del GASS e della Rete GAS (credo nessuno di “noi” avrebbe obiezioni in merito)?
Probabile che non lo pubblichino ma…………..almeno prendono atto che esistono voci e azioni fuori dal coro
Condivido. Posso mettere il tuo anche sul nostro sito? (naturalmente citando fonte e autore!)
Silvia
Sono pienamente d’accordo. Ho trovato un articolo che secondo me calza a pennello sulla nostra esperienza con le arance, riflettendo su un aspetto di primaria importanza quale la dignità del lavoro: http://www.comunitaruah.it/articoli/IL%20COSTO%20DELLE%20ARANCE%202-07.pdf
Trovo che gli accadimenti di questi giorni rispecchino esattamente la cultura media della società italiana: leoni con i più deboli e zerbini con i potenti, per parafrasare una canzone di Frankie HI-NRG. Non v’è dubbio che informazione e politica fomentino il razzismo che si vive di questi tempi in Italia, ma c’è qualcosa chiamata coscienza, che ci spinge a considerare l’altro come fratello e non come nemico. Se la nostra coscienza arriva ad essere compressa al punto tale da ignorarla e azzittirla è dovuto a mio parere dal senso di infelicità e insoddisfazione che permea questa società: una società corrotta, ipocrita, autoritaria, disinformata, non può d’altronde che portare sofferenza. E allora non esiste altro modo che cambiarla dal basso, ricostruendo i percorsi dei rapporti economici e sociali su basi diverse. Ci hanno detto spesso e volentieri che una società senza concorrenza non progredisce in quanto priva di stimoli: oggi vediamo che quella stessa “concorrenza” ci pone gli uni contro gli altri, sostituisce l’odio all’amore, la violenza al dialogo. E gli italiani credono in questo, tanto da avere enormi difficoltà a stare insieme, a fare insieme: i G.A.S. sono un’eccezione che conferma la regola (e a volte anche nei G.A.S. si palesa questa disabitudine al senso comune).
Ci hanno detto e ci dicono tante, tantissime menzogne, coprire la verità è un mestiere ben pagato di questi tempi, ma “i delitti atroci, quand’anche l’intera terra li coprisse, si rivelerebbero agli occhi degli uomini”. Questo dice Amleto e in questo io credo, un antico detto contadino recita “bene fare e male non volere”, a questo cerco d’attenermi nel mio agire quotidiano, pur in questa società inquinata e corrotta che spesso porta al limite la nostra pazienza.